Un articolo scientifico va letto ed interpretato correttamente

Sulla prestigiosa rivista The Lancet, ad inizio Agosto, è stato pubblicato uno studio (Dietary carbohydrate intake and mortality: a prospective cohort study and meta-analysis) che farà discutere riaccendendo il dibattito sulla quantità ottimale di carboidrati nella dieta, in quanto va ad esaminare il rapporto tra il contenuto di carboidrati della dieta e la mortalità per tutte le cause.

I risultati indicano un aumento del rischio della mortalità sia nelle diete a basso apporto di carboidrati (<40% di energia) che elevato (> 70% di energia), mentre i consumatori moderati di carboidrati (50-55% di energia) possono in un certo senso stare tranquilli!

Inoltre lo studio sottolinea come le diete a basso apporto di carboidrati non siano tutte uguali e chi sostituisce i carboidrati con proteine e grassi di origine animale (es provenienti da manzo, agnello, maiale, pollo e formaggio) rischia ancora di più rispetto a coloro che sostituiscono i carboidrati con proteine e grassi di origine vegetale (verdure, legumi, noci).

Questo per riassumervi brevemente e sommariamente lo studio (se avete tempo leggetelo), che è stato però presentato dai mass media in modo non corretto, perché lo studio ha dei grossi limiti e i dati bisogna saperli interpretare. Leggere i titoli di giornale su questo studio fa un po’ arrabbiare e adesso vi spiego perché. Il titolo dello studio si traduce in italiano come “Assunzione di carboidrati nella dieta e mortalità: uno studio prospettico di coorte e una meta-analisi“. Nel riassunto dell’articolo, la parola “associazione” si verifica 6 volte. Le parole “causa“, “cause” o “causale” non sono affatto usate (tranne come parte della “mortalità per tutte le cause”). Cosa scrivono i giornali?

La Repubblica “Mai senza carboidrati, meno longevi se si eliminano del tutto”

Corriere della Sera “Vuoi vivere più a lungo? Consuma carboidrati (ma senza esagerare) “

Il gazzettino “La dieta migliore? Vietato togliere i carboidrati: meglio mangiare pasta e pane (con moderazione)”

Tutti e tre implicano una casualità: sono questi titoli di giornale a rendere la scienza della nutrizione così frustrante! Cosa avrei preferito leggere? “Un’assunzione elevata o bassa di carboidrati nella dieta si associa ad una mortalità più elevata, ma nessuna causalità è stata dimostrata“. Suona decisamente più corretto!

Il primo limite di questo studio è che si tratta di uno studio OSSERVAZIONALE e non di uno studio randomizzato e controllato. E’ fondamentale capire che negli studi osservazionali non è possibile stabilire la causalità. È possibile stabilire una correlazione o un’associazione tra due variabili, ma non è possibile stabilire un nesso di causalità in modo definitivo. Gli studi osservazionali sono ottimi per generare ipotesi, ma non per dimostrare che una variabile specifica causa un risultato specifico. Per fare ciò, è necessario uno studio randomizzato e controllato.

Un’altra criticità dello studio è che i dati raccolti provenivano da dei questionari e non dall’osservazione di ciò che i partecipanti realmente mangiavano. Chi si ricorda cosa ha mangiato il 27 marzo 2014? E il 7 Luglio 2015? Io sinceramente no, ma i dati venivano raccolti proprio così; questa è stata la metodologia utilizzata per determinare l’assunzione di carboidrati dei partecipanti. Inoltre i test somministrati erano dei questionari semi-quantitativi di frequenza alimentare FFQ che hanno diversi punti deboli, ma non voglio troppo dilungarmi.

Nello studio di Lancet, le diete dei soggetti sono state valutate solo due volte per un periodo di 25 anni, separate da un intervallo di sei anni. Ciò significa che alle persone è stato chiesto di riferire su ciò che hanno mangiato in un precedente periodo di sei anni. E anche allora, gli FFQ coprivano solo 12 anni di quel periodo di 25 anni.

In questo studio non viene presa in considerazione la qualità della dieta. I ricercatori non si sono chiesti quanta frutta e verdura fresca veniva consumata, la quantità di zucchero semplice, il consumo di alcool, la qualità di proteine, grassi e carboidrati che i partecipanti hanno consumato o quanta attività fisica avevano svolto.
Non è per nulla banale sapere se le persone consumavano cibi freschi o confezionati, carne di allevamento intensivo o da pascolo, verdura e frutta, quali grassi, ecc. Negli Stati Uniti, sappiamo da altre ricerche che la maggior parte degli americani mangia cibo prevalentemente trasformato e raffinato. La qualità dei macronutrienti è più importante della quantità! Non vengono menzionati uova e pesce, ma si parla solo di carne. Da che tipo di allevamenti arrivava? Negli allevamenti industriali ormoni antibiotici e mangimi scadenti rendono le carni poco salutari. Inoltre mentre nel gruppo che assumeva proteine per lo più vegetali è specificata la sostituzione con grassi buoni, nell’altro caso non hanno specificato la qualità dei grassi.

A me personalmente questo studio non è piaciuto. Riconosco la mole di lavoro che c’è dietro, ma i dati finali a mio parere non sono attendibili per i motivi sopra citati. Mi sembra uno di quegli studi fatti ad hoc per essere impugnati dai detrattori delle diete low carb. Inoltre questo studio afferma in un certo senso il contrario di uno studio pubblicato ad Agosto 2017 (The Prospective Urban Rural Epidemiology (PURE) study: examining the impact of societal influences on chronic noncommunicable diseases in low-, middle-, and high-income countries) che dimostrava come un’aumentata assunzione di carboidrati fosse più a rischio di un’aumentata assunzione di grassi o proteine. Purtroppo il paper di quest’anno può solo creare confusione nelle persone comuni e non apporta nulla alla comunità scientifica, che i dati li sa interpretare correttamente.

Chi mi conosce sa anche che sono una prescrittrice di diete chetogeniche, ossia diete con un bassissimo apporto di carboidrati, che vengono somministrate non solo per la perdita di peso, ma spesso a scopo terapeutico (per endometriosi, ovaio policistico, cefalea, epilessia, diabete tipo 2, sindrome metabolica, ecc). Pubmed si arricchisce ogni anno di più di articoli che sottolineano come questa tipologia di dieta low carb abbia effetti positivi su determinate patologie.

Facevo giusto una riflessione: la riduzione del glucosio esogeno (dai carboidrati) riduce la secrezione di insulina, che riduce la deposizione di grasso, modifica il metabolismo dei lipidi (si abbassano i trigliceridi, si alza l’HDL, si abbassa l’LDL), riduce l’infiammazione del fegato, riduce la steatosi epatica, riduce l’infiammazione sistemica complessiva ecc. Dal punto di vista biologico tutto questo ha un senso, si può cercare di spiegare in che modo si verificano questi cambiamenti. Devo ancora vedere una teoria convincente che spiega la plausibilità biologica di un alto livello di assunzione di carboidrati. Concludo ricordando che i carboidrati sono l’unico macronutriente che non è essenziale.

1 commento
  1. Mauro
    Mauro dice:

    Bella spiegazione Chiara , strano che sia stata fatta una ricerca in questo modo . Sembra quasi studiata ad arte per avere il risultato voluto !

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